Quatro passion de l’anima signora Hanno quaranta carte in questo gioco; A la più degna la minor dà loco, E il lor significato le colora. Quatro figure ha ogni color ancora, Che a i debiti soi officii tucte loco, Con vinti et un Trionfo, e al più vil loco È un Folle, poi che ’l folle el mondo adora. Amor, Speranza, Gelosia, Timore Son le passion, e un terzetto han le carte, Per non lassar, chi giocarà, in errore. El numero ne i verse se comparte: Uno, duo, tre, fin al grado magiore: Resta mo a te trovar del gioco l’arte. Amore, un che cum te cerchi bon stato, Sollicito, animoso e prompto sia, Che nel fin a chi dura el pregio è dato. Amor, dubio non è che gelosia In qualche parte ognor non te accompagni: Ma poca è bona, e troppa è cosa ria. Amor, termine e fin de toi guadagni È un sempre sospirar infin a morte: E chi un dì ride, un anno advien se lagni. Amor, questo disio stringe sì forte Di consequir quel che gl’imprime al core, Che al effecto non par che se aprin porte. Amor ce insegna non aver timore In qual se voglia impresa: ché un ardito Sempre ne la sua corte è vincitore. Amor, se qualache volta ha un cor ferito, E lo resani cum quel proprio strale, Oh quanto è nel suo regno favorito! Amor septe anni andar, come animale, Fece quel savio re: ché la sua lege El principe al suo servo adduce equale. Amor obtenne, che a guardar la grege D’Ameto Apollo stesse, e a lui crudele Non fu al fin poi: ma cusì i soi correge. Amor nov' arte trova; e sotto el mele L’esca tien sempre; e i soi servi contenta, Quando se ne ritrova alcun fidele. Amor de ciascun servo il disìo tenta; E se ’l ritrova vano, in forme tante Il volgie, che ogni dì più se lamenta. Amor questo gran Ciclope gigante Fece per Galatea tanto amoroso, Che più de lui forse non arse amante. Amor Paride fece sì animoso, Che ardito fu rapir Elena bella, Ché ciascun cor Amor fa generoso. Amor, a Vener figlio, fece che ella Per Adone arse e per lui tanto accese: Ché amor infonde ancor dal ciel sua stella. Amore fece che Jove già discese In varie forme, in tauro, in cigno, in oro, E Ganimede in aquila ancor prese. E fe Pasiphe inamorar de un Toro. Speranza unita tien co ’l corpo un’alama Talor, che senza lei non starìa in vita, Poi spesso giunge a victoriosa palma. Speranza dubio alcun non ha smarrita, Ma sta ferma e constante in fino al fine, Quando Ragione il suo sperare aita. Speranza terminata in un confine, Se vôl passar più in là che non convene, Prima che coglia el fior, trova le spine. Speranza quanto più con rason vene, Più dolce cibo è al cor che se ne veste; E se al contrario vien, porta più pene. Speranza ce mantiene in giochi e in feste Quando il poter con voler si misura; Ma senza ordine ha in sé cose moleste. Speranza, sei pure amica a natura! Tu tieni i toi seguaci in tanta pace, Che alcun patir non li par cosa dura. Speranza, se tu se’ ancor pertinace A chi possede il suo, dubio li poni Tal che dir l’è mio, non serìa audace. Speranza obtener fa senz’altri doni Quel che a l’animo aggrada, e par che l'abbia Quel che vôl già, né alcun più se gli opponi. Speranza non consente un, preso in gabbia, Dolente star, quando seco dimora, Né un ropto in mar, si ben è in seca sabbia. Speranza desta il pover che lavora, A zappar, a spianar un monte, un lago, Che fructo spera a le fatighe ancora. Speranza Orazio fece un leo, un drago A far tagliar el ponte, e andar a basso De la salute de la patria vago. Speranza Jason, d’animo non lasso, Con gli Argonauti a l’aureo velo adduxe, Per molti casi e in periglioso passo. Speranza fu che Judithe conduxe Fuor di Betulia et Oloferne a fine, Tolse, che altro che speme par non fusse. Speranza Enea fuor del Troian confine Guidò in Italia’ e i successor fundorno Alba e poi Roma a le genti Latine Che domitor del mondo un tempo forno. Gelosia un vero amor non po' smarrire, Che si uno amante va cum pura fede, Amor il premia al fin del suo servire. Gelosia è dura cosa, ove esser vede Commodo al concorrente nello amore: Chè al spesso supplicar segue merzede. Gelosia tristo rende un lieto core, Ma spesso è causa ancor, dove ella sprona, Condurre un che ama a un virtuoso onore Gelosia quando vien non si propona Contrastargli alcun mai, ché sforza ogniuno: Ma el saper tollerarla è cosa bona. Gelosia ciascun cerca, e poi ciascuno La fuge; e prima ogniun vorìa sapere, Poi di saper vorebbe esser digiuno. Gelosia sempre non debbia volere Il concorrente per nimico; anzi esso, Se vincer vôl, de' pazienza avere. Gelosia se te gionge a veder presso A la cosa che tu ami el tuo rivale, Stimi che ‘l parli sempre a tuo interesso. Gelosia ove si pone è sì gran male, Che medicina non se trova a lei; E si troppo oltra va, cosa è mortale. Gelosia non vien manco fra li dei, Che fra gli omini faccia; ecco Junone Del suo Jove gelosa, ah casi rei! Gelosia di certezza mai non pone Alcuno in strada, e al ver non apre porte, E tien fra speme e dubio le persone. Gelosia d’Argo e de sue viste acorte Non fu secura mai, fin che nel piede Con nome de Io non li fur l’orme sporte. Gelosia Turno re, promisso erede Del re Latino, indusse a mortal guerra: E morto fu, ché morte indi procede. Gelosia Juno dea più volte in terra Fece venir per varii amor di Jove, Ché mai non posa un cor che in sé la serra. Gelosia fe’ Vulcano in forme nove Pigliar Venere e Marte entro la rete, E il Sol ne fece manifeste prove Con gli ecclipsi soi, segni e comete. Timor un’alma tien tanto dubiosa Ch’ella ha poca ragion di viver lieta, Qual mai non gode e sempre è paurosa. Timor, dov’e qualche pericol, vieta Pigliar piacere, e tanto un om fa vile, Che l’animo ragion mai non acquieta. Timor tremar fa l’angel ne l’ovile Se di fuor sente il lupo, e sì sta chiuso, Che appena intrar gli: può il vento sottile. Timor quattro destrier d’un carro a l’uso Sotto una virga tiene a un giogo stretti; E molti in servitù, che non gli excuso. Timor ci tien talor, che i nostri effetti Non possiam dimostrar, che assai ne offende, Ché compagni al timor sono i rispetti. Timor fa sempre che un non si diffende, Ma supplice ai contrasti se dimostra E senza arme adoprar vinto se rende. Timor, se tu ti accosti armati in giostra La lor virtù sarà sotto te morta; Dove tu sei, sempre la fronte il mostra. Timor obturba i sensi, e faccia smorta Rende, e termito il cor per lui si sente, E l’occhio il mostra con sua vista torta. Timor non ha sol di quel ch’è presente Dubbio: ma teme, ben che sia lontano, Il periculo, e a sé pargli imminente. Timor de certo è a imaginarlo vano, E dove timor regna, ogniun concorre Che invalido quel corpo sia e mal sano. Timor Fineo tra gli omini una torre, Converse in saxo col Meduseo volto, Ché a’ timidi fortuna non soccorre. Timor Ptolomeo re, sùbito vòlto Ebbe contra Pompeo, sol per paura Che Cesar non gli avesse il regno tolto. Timor non lassò Andromeca secura Del figlio, visto Ulixe: e intrar lo fece Del patre Ector entro la sepultura. Timor Dyonisio del tonsore invece Usoe le proprie figlie, cum carbone Per fugir ferro; e al fin non fugì nece, Chè mal se fugge quel che 'l ciel dispone. Mondo, da pazzi vanamente amato, Portarti un fol su l’asino presume, Che i stolti, sol confidano in tuo stato. Ozio, Sardanapalo ozioso in piume Tenne e in lascivie concubine e gola, Tanto che del regnar perse il costume. Fatica, fece Ipolita, che sola Meritò de la Amazone corona: E in Scizia e in Grecia ancor suo nome vola. Disio accese Atteon de una persona Celeste, sí che in cervo fu converso: Però el desio tropp’alto alcun non pona. Ragion fe’ Laura del fanciul perverso Cupìdo trionfar, ché mai non torse Occhio da la virtù né il piè in traverso. Secreto Antioco fu, tanto che corse Per Stratonica quasi in fin ad morte; Ma el fisico gentil ben lo soccorse. Grazia a secreti e savii non va a sorte, Ma cum ragion, ché nel amore ha il vanto Colui che è a asconder le passion più forte. Sdegno questo re Erode occupò tanto, Che facta occider Mariana, poi La chiama, e con Amor si dôl col pianto. Pazienza Psiche ebbe ne i casi soi, E però fu soccorsa ne li affanni E facta Dea nel fin, ch’è exempio ad noi. Error fece Jacob septe e septe anni Servir, ché di Rachel Laban non dixe; Ma el tempo ristorò tucti i suo’ damni. Perseveranza in Penelope vixe Tanta, che, al texer e disfar le tele, Meritò riaver l’amato Ulixe. Dubio a se stesso Egeo fece crudele, Che a morte se gittò nel mare in frecta, Visto Teseo tornar cum negre vele. Fede ebbe Sofonisba non suspecta, A Massinissa, ch’el venen promisse Se a seguire il trionfo era constrecta. Ingannò Nesso, che a Dianira disse: Ad Ercul dà questa vesta col sangue, Se advien che abbia d’amor mai teco risse. Sapienza fu, come in un callido angue, In Ippermestra, che in feminei panni Salvò il marito dal timor exangue. Caso cadde in Pompeo, che per tanti anni Avea seduto al summo de la rota, E al fin fortuna el sommerse in affanni. Modestia Emilia, di Scipion devota Moglie, ebbe; ché, trovatol con l’ancilla, Tacque il peccato, per non darli nota. Pericol di gran foco una favilla Porta: ecco Cesar morta nel Senato Da duo; e fuggì già furor di Scilla. Experienza in Rea fu, che occultato Jove nel monte de Ida, ordinò i suoni, Ché al pianger suo non fusse ritrovato. Tempo, che gli omini a la morte sproni, Nestor servasti, e, se pur venne al fine, De un viver tal non par che se ne ragioni. Oblivion, che termine e confine Di tutto sei, Elice e Dido e Lete Menasti, e fama e tempo hai in toe ruine. Fortezza d’animo in Lucrezia liete Exequie fece: pe purgar sua fama Se occise, a l’offensor tese atra rete Dando exempio a chi 'l nome e l'onore ama.